Cerca nel blog

venerdì 5 ottobre 2012

Inizia la nuova stagione...delle serie TV americane (Parte I)


Ebbene sì, grazie ai potenti mezzi di internet e a gruppi di volenterosi traduttori (www.italiansubs.net, http://www.subsfactory.it/), è possibile seguire le serie TV d'oltreoceano quasi in contemporanea. La maggior parte del palinsesto USA dei network TV funziona grossomodo come quello della TV italiana: in estate calma piattissima e solo repliche, per poi ricominciare con le nuove stagioni delle serie TV a settembre/ottobre, per poi terminare a Maggio/Giugno.


Fanno eccezione alcune serie sui network via cavo (a pagamento), che spesso sono più corte della ventina e rotti di episodi delle serie TV trasmesse dai network in chiaro. Come Game of Thrones, maledetti sadici!

Quest'uomo è MALVAGIO


Ad ogni modo, le serie che sto attualmente seguendo e che sono ripartite o lo stanno per fare sono quattro. Incominciamo oggi con:

The Big Bang Theory


 
Sì, quest'immagine riassume un po' tutta la serie...
La serie nerd per eccellenza ha raggiunto la sua sesta stagione. Chi l'avrebbe mai detto che una serie che ha come protagonisti due PhD che lavorano al California Institute of Technology appassionati di comics, videogiochi e fantascienza potesse avere tanto successo?

La serie ormai ha raggiunto la maturità e complice anche il largo gradimento tra il pubblico "mainstream" la serie si è un po' allontanata dallo spirito molto "geek" dell'inizio per approdare su lidi più da commedia romantica. Lo dimostra il fatto che a tutti i protagonisti maschili (tranne Raj) è stata aggiunta una controparte femminile; non mi stupirei se anche in questa sesta stagione il nostro astrofisico indiano preferito non incontri la sua dolce metà.

Forse nella quinta stagione la serie ha iniziato a dare i primi segni di stanchezza: è ripresa la love story tra Penny e Leonard che si era già vista nelle prime stagioni e la parte comedy si è sempre più appoggiata alla verve di Jim Parsons (Sheldon, forte di ben due Emmy come miglior attore comedy) e della sua controparte femminile Amy; inevitabile che sia le battute che le storie inizino a soffrire un po' di ripetitività.

In questa nuova stagione mi aspetto qualche cambiamento che possa dare la scossa ad una serie che dopo il meritato successo sta un po' troppo dormendo sugli allori e che per accontentare una fetta di pubblico il più ampia possibile si è un po' snaturata.

Per saperne di più sia su The Big Bang Theory, che sul mondo delle serie TV americane, consiglio Serialmente: loro ne sanno molto più di me. 

giovedì 4 ottobre 2012

Running Dog

Running Dog
  • Titolo: Running Dog
  • Autore: Don DeLillo
  • Traduttrice: S. Pareschi
  • Editore: Einaudi
  • Pagine: 260 pagine 
  • Letto su: Kindle





Vedete, il mio problema con Don Delillo è che è considerato un autore postmoderno. Anzi, uno dei capostipite della corrente postmoderna letteraria. E a me il postmoderno piace. O meglio, la situazione è un po' più complessa, ma certe opere postmoderne mi sono piaciute da impazzire (Infinite Jest, L'Opera Galleggiante), altre (Comma 22 su tutti) mi hanno lasciato freddo se non apertamente seccato. Ma le premesse del genere mi convincono, e mi trovano in sintonia.

Di DeLillo ho provato anni fa a leggere Underworld, che è considerato uno dei suoi capolavori, ma dopo il prologo ho interrotto la lettura: non mi ha proprio preso. Fortuna vuole che l'autore di origine italiana ha scritto svariati romanzi e grazie all'offerta di Einaudi sugli ebook in concomitanza dell'uscita di Cosmopolis, il film di David Cronenberg tratto dal romanzo omonimo di DeLillo, ho pensato di dargli una seconda possibilità con Libra e questo Running Dog. La scelta si è rivelata azzeccata.

Running Dog ruota interamente attorno ad un film: non un film qualunque, ma una potenziale bomba socio-storico-mediatica: una pellicola amatoriale girata nel bunker sotto Berlino nel 1945, durante gli ultimi giorni di vita di Hitler. Ma non una pellicola qualsiasi: un film porno, un'orgia che annovererebbe tra i protagonisti nientepopodimeno che il fuhrer in persona.

La presenza di questa fantomatica pellicola attira gli interessi di diverse persone: a partire dall'intermediario Newyorchese in possesso dei contatti giusti con i proprietari della pellicola, che fa da punto di incontro tra gli interessati: un giovane magnate dell'industria porno che se ne sta rintanato fisicamente dietro un magazzino e legalmente dietro una serie di società di comodo (e che ricorda molto il protagonista di Cosmopolis), un funzionario governativo di secondo grado che sta trattando l'affare per conto di un senatore degli Stati Uniti, avido collezionista di arte pornografica; il capo di un'agenzia d'intelligence deviata del governo chiamata CCP/URE.

Quando sono andato a vedere io il film eravamo in quattro, ma non so quanto avrei dato per vedere la faccia delle fan di Twilight alla fine del film.


Caso vuole che una giornalista della rivista antagonista "Running Dog" stia facendo un pezzo sul senatore, che guarda caso è a capo della commissione di indagine sull'operato della CCP/URE. La prima parte del libro si focalizza sulla ricerca della pellicola (esiste veramente? contiene veramente quello che si vocifera?) e ai tentativi da parte della giornalista di saperne di più sui rapporti tra senatore e CCP/URE, che sono un coacervo di doppiogiochisti e agenti infiltrati. Nella seconda parte l'importanza della ricerca della pellicola passa in secondo piano: la volontà di possesso del film innesca una sequenza inevitabile di eventi per tutti i personaggi.

Ad una prima analisi il libro potrebbe essere considerato come un semplice thriller: clima da complotto paranoide, reduci di guerra assetati di potere, mafia, politici corrotti. In realtà lo stile di DeLillo e il suo modo di narrare rendono il romanzo più una grossa riflessione sull'ossessione del mondo occidentale in generale e Americano in particolare per il potere, per il fluire degli eventi. 

In una magistrale descrizione di oggetti per la manutenzione delle armi, da fuoco e da taglio, si ritrova la concezione di DeLillo per la scrittura: il personaggio nel romanzo sostiene che il nome degli strumenti è importante, la conoscenza dei nomi li fa funzionare meglio. Nello stesso modo la prosa di DeLillo è particolarmente curata, ogni parola finemente cesellata tra le altre. 

In conclusione un romanzo veramente solido, il cui intento allegorico è apparentemente mascherato dalla trama da thriller cospirazionista. L'unico neo è che alla fine del libro DeLillo sembra faticare nel tirare le somme dei diversi personaggi, alcuni dei quali vengono liquidati frettolosamente.

Tre stelle su cinque 

mercoledì 3 ottobre 2012

Dove stiamo volando


dove stiamo volando  

 E' brutto iniziare un blog con una stroncatura, ma questo è quello che ho letto recentemente.
Qualche mese fa sono andato con la mia ragazza a Genova, a vedere una mostra di Van Gogh. Ad un certo punto passiamo davanti all'edicola e, quasi meccanicamente, butto un occhio allo spazio dedicato agli Urania. Mi cade l'occhio sulla copertina che vedete qui sopra. 

"Vittorio Curtoni, questo nome non mi è nuovo". Ripesco da qualche angolo della memoria: curatore della rivista di fantascienza Robot. Mi avvicino, prendo il libro e guardo la quarta di copertina: è compaesano (eravamo entrambi di Piacenza. Uso il passato perchè lui non è più tra noi, e io non sono più a Piacenza). La combo campanilismo-fantascienza me lo fa acquistare al volo.

Durante il viaggio di ritorno in treno, mi metto a sfogliare il volume, che appartiene alla collana "Urania Collezione": contiene un romanzo di circa 120 pagine (gli inglesi lo chiamerebbero "novelette") che dà il nome al volume, sei racconti e un saggio dal titolo esplicativo "La mia love story con la fantascienza" in cui Curtoni racconta la propria carriera lavorativa nel campo dell'editoria italiana di fantascienza. Ai testi di Curtoni si aggiungono una esaustiva bibliografia e il ricordo del curatore di Urania, Giuseppe Lippi, che dello scrittore piacentino recentemente scomparso era stato collega di lavoro e amico.

Decido di iniziare dal saggio: bellissimo,  scorre che è un piacere e racconta di come un Curtoni liceale e con la passione per la fantascienza sia riuscito a farlo diventare un lavoro. Il contesto è quello dell'Italia degli anni '60-'70, delle prime avventure editoriali in campo fantascientifico (considerato anche allora "robaccia di serie B"), delle prime convention dedicate. Curtoni racconta tutto dal suo punto di vista e senza peli sulla lingua: i propri successi e fallimenti, i litigi e gli errori e infine la sua uscita dalla scena pubblica, negli anni '90. Ne emerge un ritratto sincero, ma soprattutto una passione sconfinata per la fantascienza.

Con entusiasmo mi accingo quindi a leggere il romanzo e i racconti. E passano dei mesi. Ho infatti ripreso in mano "Dove stiamo volando" solo qualche settimana fa. Quando di un libro ho aspettative molto alte tendo infatti a rimandarne la lettura in attesa di un fantomatico "momento perfetto" (ne parlerò più approfonditamente in un post dedicato): naturalmente questo momento non arriva mai e finisco per arretrare il libro nella pila dei volumi da leggere.

Per "Dove stiamo volando" decido finalmente di rompere gli indugi e mi addentro nella lettura: delusione totale!

L'incipit di "Dove stiamo volando" (il romanzo) è rappresentativo dello stile di scrittura che Curtoni manterrà per tutta l'opera: raccontato in prima persona, con una prosa barocca che abbandona spesso e volentieri la descrizione di ciò che sta avvenendo per divagazioni poetico-oniriche e giudizi morali.

La storia è piuttosto lineare, ma del resto non è il fulcro del romanzo: Charles è un mutante (la cui mutazione verrà rivelata solo a metà storia) che decide di andare a vivere in una comune di mutanti a Nuova Parigi, detta il Ghetto (il cui nome già non invoglia al trasferimento in massa). Purtroppo per lui decide di andare nel posto sbagliato nel momento sbagliatissimo. La storia è ambientata in un'Europa post-Olocausto nucleare, in cui umani e mutanti vivono non proprio in sintonia.

La sensazione che si ha, leggendo il romanzo, è che Curtoni voglia, nell'ordine:

  1. Far vedere quanto è bravo a scrivere frasi ad effetto ("Guarda mamma, senza mani")
  2. Scrivere un libro di fantascienza che sembri un romanzo mainstream, come se si vergognasse di ammetterne il genere
Il risultato finale è un romanzo molto pretenzioso, il cui autore vuole disperatamente essere preso sul serio in quanto scrittore tout-court, non in quanto scrittore di fantascienza. I casi sono due, o si vergogna di appartenere al genere, oppure vuole disperatamente dimostrare che in un romanzo di fantascienza si può calcare la mano sull'aspetto formale, invece di raccontare e basta. Data la professione di amore per il genere che si evince dal saggio, propendo per la seconda ipotesi.

Forse il mio giudizio negativo risente anche di una mancata prospettiva storica: lo scritto è del 1972. In quegli anni la fantascienza era ancora vista, in Italia, come "navicelle spaziali e alieni tentacolari verdi" (non che la visione sia cambiata di molto, ma questa è un'altra storia). Naturale quindi che autori come Curtoni cercassero di allinearsi agli autori anglosassoni e osare di più dal punto di vista stilistico e filosofico. Il risultato però è fin troppo eccessivo: Curtoni sacrifica la narrazione sull'altare della poetica, ma lo fa in maniera vistosa. Per dirla con un'espressione in inglese: "He tries too hard".

Nei sei racconti la situazione migliora dal punto di vista della narrazione. Ho apprezzato molto la scelta, in alcuni racconti, del punto di vista multiplo per raccontare la storia. Anche qui è presente un certo gusto per la prosa barocca e per una narrazione opaca: spesso è faticoso capire cosa sta succedendo esattamente. Ma in questi racconti l'artificio narrativo funziona meglio che nel romanzo (penso soprattutto al racconto "La sindrome lunare"). Belle anche alcune chicche meta-narrative che Curtoni semina qua è là per ricordarci che stiamo leggendo un'opera di fiction e per scherzare sulla natura della parola scritta.

Il grosso limite dei racconti, almeno per me, è che le vicende trattate non sono abbastanza interessanti ("Ritratto del figlio"), o non riescono ad essere raccontate in modo che ci appaiano tali ("L'esplosione del minotauro"). A volte Curtoni si abbandona ad un voluto ermetismo ("La volpe stupita"), mentre in "Vento dal mare" l'elemento soprannaturale ed un pizzico di Horror non riescono a salvare un racconto che è soprattutto un esercizio di racconto realistico.

L'impressione finale di questa antologia è che a Curtoni, la cui occupazione principale era quella di traduttore ed editor, manchi quel quid che hanno i grandi scrittori e che non riesca a colmarla grazie alla sua cultura del genere. Oltre ad un incredibile senso di inferiorità nei confronti della letteratura in senso "lato"

In conclusione, con grande amarezza ho dovuto dare 1 stella su 5.

Hello World! (Ovvero, neanche il primo post è originale)

Mi trovo un po' in imbarazzo a scrivere questo primo post. Probabilmente verrà letto tra qualche giorno. O non verrà letto affatto perchè abbandonerò l'idea di tenere un blog con la stessa velocità con cui ho deciso di schiacciare il bottone "Crea un blog". O forse verrà letto dopo che qualcuno si sarà spiaggiato su questi lidi grazie ad un tag ben piazzato o grazie alla recensione di un libro che, guarda caso, stava pensando di comprare.

Dovrei quindi stupirvi con una prosa spumeggiante, o raccontarvi quale grande visione sta dietro alla scelta di aprire questo blog, di come questo spazio cambierà le regole del gioco della blogosfera?

Niente di tutto ciò. Aprò questo blog per una semplice questione egoistica. Guardando le mie statistiche su Goodreads noto che quest'anno ho letto 52 libri. Senza contare i fumetti.

Ma se mi trovassi diciamo ad un aperitivo e qualcuno mi chiedesse a bruciapelo (cosa rara) "che libri hai letto ultimamente?" non saprei bene cosa rispondere. Non è che leggo distrattamente, ma di primo acchito i libri che leggo non mi rimangono in testa. E questo mi amareggia.

Ho deciso quindi di scrivere per i libri che ho letto (magari non per tutti, magari solo due righe) delle opinioni a caldo in modo da non subire passivamente la lettura, non dimenticare tutto appena voltata l'ultima pagina (o chiuso il file se sono su Kindle). Voglio fare uno sforzo di valutare attivamente quello che ho letto, in modo che mi rimanga qualcosa dentro (e fuori, visto che scrivo in un "luogo" pubblico). Se poi quello che scrivo piacerà ad altre persone che avranno la buona volontà di leggermi e/o addirittura commentare, vorrà dire che la balzana idea di aprire un blog allo sbaraglio (e nel 2012!) non si sarà rivelata una completa perdita di tempo.

Si apre il sipario! (sì, sto usando un template di deafult, col tempo cercherò di rendere il blog un po' più personale, lo giuro!)

Related Posts Plugin for WordPress, Blogger...