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martedì 12 febbraio 2013

Piccola introduzione alla saga del "Trono di Spade"


Avevo deciso di mettere questa introduzione prima della recensione del terzo libro "A Storm of Swords" per spiegare in cosa consiste la saga, ma visto che è venuta un po' lunghetta pubblicherò introduzione e recensione in due post separati.


Povero Ned!, Game of Thrones, Il Trono di Spade
Dura la vita su quel trono!


A Song of Ice and Fire ("Il Trono di Spade in italiano") è una saga fantasy composta attualmente da cinque libri, A Game of Thrones, A Clash of Kings, A Storm of Swords, A Feast for Crows e A Dance with Dragons, che si dovrebbe concludere con altri due libri ancora in fase di realizzazione.  La saga ha conosciuto un successo planetario, ai livelli del caposcuola Il Signore degli Anelli, grazie alla fedele e ottimamente prodotta serie TV in onda negli USA sul canale HBO (quello dei Soprano, Six Feet Under e Boardwalk Empire, per intenderci), mentre da noi la trasmette Sky. Tuttavia, il primo libro della serie risale addirittura al 1996.

La saga quindi si è conquistata nel tempo uno zoccolo duro di appassionati fino a sfociare nel mercato generalista. Ma mentre i fan aumentavano, le uscite dei nuovi volumi andavano lentamente diradandosi: A Dance of Dragons è uscito nel 2011 a ben 6 anni di distanza da A Feast for Crows. Segno che l'autore sente la pressione degli appassionati ma nello stesso tempo vuole lavorare (si spera) con cura sulla stesura dei romanzi successivi. La vicenda narrata sta inoltre assumendo proporzioni piuttosto gargantuesche, che richiedono maggior cura nella pianificazione e nel controllare che non ci siano incoerenze nella trama.

George Martin, A Song of Ice and Fire, Il trono di Spade
Muovitiiiiiiiii!


I libri sono ambientati principalmente nel continente di Westeros, separato dal continente di Essos da uno stretto mare. All'interno del continente abbiamo tutti i tipi di clima e di terra possibili: dalle lande ghiacciate oltre la Barriera (un immensa muraglia di ghiaccio costruita per tenere lontane le popolazioni barbare dell'estremo Nord), alle terre solcate da numerosi rivoli, fiumi e laghi di Delta delle Acque, alle paludi del Collo, una stretta lingua di terra che funge da confine tra il Nord e il Sud del continente, alle montagne ricche d'oro intorno a Castel Granito, le brulle Isole Ferrose, le lussureggianti foreste intorno ad approdo del Re, fino ai deserti e al clima tropicale della penisola di Dorne.
Westeros, Essos, A song of Ice and Fire, Game of Thrones, Trono di Spade
La vagamente albionica Westeros (a sinistra) e Essos (destra), che ricorda molto da vicino la Terra di Mezzo Tolkeniana

Tutte queste terre sono in mano ad un unico Re, che domina sui Sette Regni. Il fatto che i Regni siano Sette implica infatti che un tempo non era così: Westeros un tempo era divisa in sette diversi Regni, in mano ad altrettanti Casati (da Nord a Sud gli Stark, i Greyjoy, gli Arryn, i Tully, i Lannister, i Baratheon e i Martell) che nel tempo sono stati assoggettati da un unica casata, i Targaryen, il cui possesso dei draghi aveva costituito un vantaggio strategico non indifferente.

All'inizio del primo romanzo della saga però, i Sette Regni sono in mano ad un nuovo Re, Robert della Dinastia Baratheon, che un decennio prima era riuscito in una rivolta a usurpare il trono dei Targaryen (i cui membri superstiti sono scappati in esilio a Essos). Ma come spesso succede nei cambi di dinastia, l'instabilità politica è alle porte e sul Regno incombe un'antica minaccia...

Prima ho scritto che A Song of Ice and Fire è una saga Fantasy e detto così uno si potrebbe aspettare orde di orchi, magie a profusione, elfi e nani, spade incantate e draghi sputafuoco. Bè...non è proprio così. Sì, nel mondo di Westeros ci sono i draghi, ma al tempo del primo romanzo sono ormai considerati estinti. Non sembrano esserci altre civiltà oltre a quella umana e la magia sembra essere cosa piuttosto rara. Se non fosse per certi piccoli aspetti, A Song of Ice and Fire potrebbe benissimo essere la storia di un mondo immaginario di tipo medioevale.  

Il sistema feudale che vige nel mondo di Westeros è descritto nei minimi dettagli araldici: oltre alle sette Casate principali ci sono decine e decine di case minori, ognuna con il proprio stemma, la propria storia e le proprie peculiarità. Nulla è lasciato al caso e tutto (ma proprio tutto), perfino le decisioni che un signore feudale deve prendere ogni giorno vengono descritte in maniera dettagliata e sono organiche allo sviluppo della trama, che quindi fa leva in misura maggiore sugli intrighi politici che sull'azione vera e propria.

Non si può certo dire che Martin si sia trattenuto dal costruire un mondo che brilla di luce propria, con la propria storia, la propria mitologia, tradizioni e religioni. Certo, i Sette Regni di Westeros strizzano l'occhio ai Regni Medioevali europei, mentre le popolazioni di Essos ricordano molto da vicino la Civiltà Araba e quelle esotiche del Vicino e Lontano Oriente, ma il risultato finale è comunque un mondo credibile e memorabile.

I romanzi vengono narrati seguendo il punto di vista di diversi personaggi, e questa tecnica permette da un lato di vedere la storia da diverse angolazioni, anche in contrasto tra loro (in questo modo non si ha una percezione ben definita di chi si può considerare "buono" e chi "cattivo), dall'altro, se certe vicende coinvolgono personaggi non seguiti dal narratore, queste vengono riportate in maniera indiretta. Molte battaglie ad esempio non vengono nemmeno descritte, ma ci viene narrato dei suoi esiti così come li vengono a sapere chi non ha partecipato. Grazie a questo stratagemma è possibile mantenere alta la tensione ed è una ventata di aria fresca rispetto ai romanzi fantasy costuiti da una successione interminabile di battaglie e scene di raccordo.

Inoltre, contrariamente ai dettami del genere, ma anche della narrativa tout cour, in A song of Ice and Fire nessuno è al sicuro, nemmeno i protagonisti, che possono letteralmente morire da un momento all'altro, compresi quelli seguiti dal punto di vista del narratore. Siete avvertiti!

Ho letto i primi tre romanzi della saga sul mio fido Kindle, in lingua originale. Ho deciso di leggerli in inglese per vari motivi: un po' per sfida personale, volevo vedere se ero in affrontare un tomo di mille pagine in inglese e in ciò il dizionario integrato del dispositivo Amazon non poteva che venirmi in soccorso e un po' perchè sono rimasto sconcertato dalla politica di Mondadori (l'editore italiano della saga).

Mondadori ha deciso di dividere i vari volumi della saga in diversi sottovolumi di circa 300 pagine: il primo e il secondo sono stati divisi in due, il terzo, il quarto e il quinto in tre ciascuno. Naturalmente però il prezzo dei volumi italiani corrispondeva grosso modo al prezzo di un volume (quello intero) in edizione paperback inglese! Insomma, per leggere in italiano la saga dovevo spendere grosso modo il triplo. Questa abitudine degli editori italiani, usata chissà perchè soprattutto con la fantascienza (sto dicendo a te Rizzoli!) e il fantasy è particolarmente fastidiosa e dimostra una mancanza di rispetto nei confronti del lettore.

Inoltre l'edizione Mondadori è veramente tradotta in maniera superficiale (da Alan D. Altieri, che è perfino un autore di romanzi a sua volta!): vi basti sapere che fin dal prologo ci sono errori inspiegabili, come cavalieri che vanno a nord-est invece che a nord-ovest e occhi rossi come il sangue quando in originale erano semplicemente rossi!

Siccome un minimo di inglese lo conosco, ho deciso di leggere l'opera in originale. E non mi sono pentito della mia scelta: l'inglese usato da Martin è un po' arcaico ma molto scorrevole, e una volta imparati termini tipici medioevali la lettura procede spedita. Il mio consiglio, se volete iniziare a leggere la saga, è di fare uno sforzo e di leggere direttamente in inglese, con buona pace del colosso di Segrate.

sabato 3 novembre 2012

Cosa mi aspetto dal domani

E cosa potete aspettarvi voi da questo blog nei prossimi tempi. Oggi questo blog compie un mese: in questo mese ho scritto 13 post (uno ogni 2/3 giorni), di cui sono abbastanza soddisfatto per il contenuto, un po' meno per l'estetica (devo prendere la mano con l'editor di Blogger, che però mi sembra lacunoso).

Voi lettori non siete in molti (poco più di un centinaio, di cui ignoro gli assidui), ma non mi aspettavo certo cifre da capogiro: mi sto concentrando soprattutto sullo scrivere le recensioni, in modo da raggiungere "una massa critica" di contenuti.

Per far conoscere il blog mi sono iscritto a qualche aggregatore (Paperblog, Liquida, Blogitalia) e ogni mio post viene linkato su Facebook (e la probabilità che voi siate finiti qua cliccando da Facebook è alta) e Twitter. Con discrezione, quando scrivo una recensione di un libro di case editrici attive su twitter cerco di segnalarlo.

Il post che ha avuto più successo è sicuramente l'appello a citare i traduttori, ed è anche l'unico che ha avuto commenti. Spero che nei prossimi tempi possa arrivare anche qualche feedback sulle recensioni.

Questo blog vive dei libri, fumetti, serie tv e (prima o poi) film che leggo/seguo/vedo. Non ho accumulato recensioni ma scrivo di volta in volta le impressioni a caldo di quello che ho letto (per ora). Quindi la frequenza dei post dipende soprattutto a ciò che riesco a leggere/vedere/seguire.

In questo momento sto leggendo un saggio su Kubrick, per riprendermi dall'immersione in Murakami, a cui seguirà sicuramente altra narrativa (fantascienza, molto probabilmente).

Devo anche in qualche modo recuperare molti fumetti in arretrato: per loro, e per le serie tv, ho in mente di fare dei post brevi per ogni singolo numero/episodio in cui dico sinteticamente che cosa succede e le mie impressioni sul volume/episodio in sè e su come sta andando la serie.

Grazie per essere capitati sul mio blog, che voi siate lettori di ritorno o persone capitate per caso cercando le gif di Schmidt che fa parkour.

venerdì 26 ottobre 2012

Inizia la nuova stagione...delle serie TV americane (Parte 4)

Last but not least (ultimo ma non per questo meno importante...vedete che alcune cose suonano meglio in inglese?) mi sono tenuto per ultima la serie che mi sta attualmente più a cuore.

Scoperta grazie al suggerimento di un amico (e confermata la bontà grazie al sempreverde Serialmente) quest'estate, è stato amore a prima vista.

Sto parlando di...Community!

Community, cast, poster, NBC
Il variegato cast principale di community

Forse il modo migliore per parlare di Community ad un pubblico italiano è spiegare l'ambientazione. Community è ambientato (e da qui il nome) in un Community College.

Che cos'è un Community College? E' un'entità che qui in Italia non esiste, o meglio, è una via di mezzo tra una scuola serale, un'università normale, l'università della terza età e la CEPU. Di solito è un piccolo campus, frequentato per la maggior parte da gente che abita negli immediati dintorni (che negli Stati Uniti può raggiungere dimensioni ragguardevoli ad un occhio italiano). Di solito gli studenti che frequentano i Community College sono in là con gli anni e vogliono tenersi impegnati, oppure non hanno passato l'ammissione ad università più blasonate (i Community College non sono proprio famosi per la loro qualità), o hanno problemi di denaro (i Community College costano molto meno di università private tipo Harvard, e la retta cambia a seconda dei corsi seguiti) o ancora vogliono imparare una nuova professione (i Community College sono incentrati soprattutto su corsi pratici e manuali).

L'incipit della serie vede Jeff (l'uomo con la fronte spaziosa che vedete in primo piano a sinistra), avvocato di discreto successo a cui hanno revocato la licenza, perchè nonostante abbia passato i test per entrare nella scuola di Giurisprudenza aveva falsificato il suo titolo di studio (in America prima di entrare a Giurisprudenza bisogna aver preso l'equivalente di una laurea triennale da noi), tornare a frequentare l'università per prendere una laurea il più presto possibile. Siccome i Community College sono famosi per essere facili decide di frequentare il Greendale Community College, sperando di finire il più presto possibile.

Una volta al college incontrerà Britta (la bionda in primo piano a destra), che tenterà subito di broccolare subdolamente creando un fittizio gruppo di studio del corso di spagnolo. Sfortunatamente per Jeff e fortunatamente per noi il gruppo di studio diventerà il centro nevralgico della serie.

Nella prima stagione i ruoli sembrano fissi e piuttosto stereotipati, anche se con una novità: Jeff è il tipico spaccone affascinante, all'apparenza cinico ma con un cuore d'oro; Britta, bionda liberal e un po' acida; Shirley, donna di colore con un matrimonio fallito alle spalle e timorata di Dio; Pierce, baby-boomer altolocato, coacervo di razzismo/sessismo/politically uncorrect; Troy, ex quarterback-star del liceo che si è ritrovato al Greendale dopo aver perso la borsa di studio per meriti sportivi e Annie, iper-competitiva e ansiogena diciannovenne che ha perso la possibilità di essere ammessa a Università più prestigiose dopo aver sviluppato una dipendenza da farmaci psicostimolanti ed essere finita in riabilitazione.

Chiude il gruppo Abed, la vera novità: Abed è metà musulmano e metà polacco, leggermente autistico e/o con la sindrome di Asperger, grande appassionato di cultura pop e serie TV. Ed è proprio questa passione che rende Abed un meta-personaggio: Abed ci ricorda constantemente che stiamo guardando una serie TV, che certe dimaniche della puntata sono un clichè delle comedy, che l'episodio che stiamo guardando è un Bottle Episode.

Community infatti è una comedy che scardina i clichè delle commedie americane e cerca di reinventarli: i riferimenti alla cultura pop sono numerosi (a volte coinvolgono l'intero episodio, come quello ricalcato sulla serie Law and Order), ma non sono fini a sè stessi. Il risultato è forse un po' cervellotico, ma per chi ha un po' di esperienza di serie TV molto godibile.

E' anche una serie coraggiosa: nella terza stagione un intero episodio è ambientato in un videogioco. Non solo, un videogioco 8-bit! (Per intenderci, quelli di vecchia generazione)

community cast, 8-bit, awesome
Nostalgia 8-bit canaglia!
E Community non è una web-serie, o una serie su un canale via cavo, ma va in onda sulla NBC, uno dei quattro grandi network della televisione americana! In effetti, la natura sperimentale e un po' "per addetti ai lavori" della serie è stata penalizzante in termini di ascolti: Community non è mai stata una serie molto seguita dal grande pubblico americano, forse anche perchè buona parte del target a cui si rivolge la serie la tv neanche la guarda, ma preferisce guardarsi la puntata su internet.

Questo ha portato la serie ad essere sempre sull'orlo della cancellazione. La terza stagione infatti è stata trasmessa in due parti, con una lunga pausa in cui non si capiva se sarebbe stata rinnovata o no. Alla fine la serie è stata rinnovata per una quarta stagione, ma il creatore della serie, Dan Harmon, è stato cacciato.

Il primo episodio della quarta stagione doveva andare in onda il 19 ottobre, ma purtroppo i capoccioni della NBC hanno deciso di rimandare l'inizio della serie a data da destinarsi. Ma questo non ha impedito a quel gruppo di mattacchioni del cast di mettere su Youtube questo video


Dura poco meno di due minuti e dà più o meno l'idea di cosa potete aspettarvi

Il mio consiglio è quello di recuperarlo con tutti i mezzi che potete (in Italia è trasmesso su Comedy Central, ma visto che sono snob e lo seguo in originale con i sottotitoli non ho idea di come sia il doppiaggio).

Vi ricordo le altre presentazioni dedicate alle serie TV (Parte 1, The Big Bang Theory; Parte 2, New Girl; Parte 3, Modern Family

martedì 23 ottobre 2012

Inizia la nuova stagione...delle serie TV americane! (Parte 3)

Dopo la Parte 1, dedicata a The Big Bang Theory, e la Parte 2 , dedicata a New Girl, oggi è il momento di parlare di...

modern family, season 4, phil dunphy, awesome
Non sentite già di amare l'uomo sdraiato in basso?


Ovvero la pluri-premiata comedy del momento! Modern Family nelle sue tre stagioni (la quattro è quella che è partita quest'anno) ha già raccolto tutto quello che c'era da vincere, tanto che wikipedia ha una pagina apposita che elenca tutti gli awards della serie. Citerò quindi solo i più importanti: tre emmy awards (gli oscar della televisione) come miglior serie comedy dell'anno, cinque emmy per il miglior attore non protagonista, un golden globe come migliore serie dell'anno. Insomma, Modern Family è la comedy di maggior successo dai tempi di Friends. Ed è creata da Doc di Ritorno al futuro!

Cristopher Lloyd, Doc, Back to the future, Ritorno al futuro
Da inventore di una macchina del tempo a produttore di successo
 Come suggerisce il nome, Modern Family ruota attorno ad una famiglia americana non propriamente tradizionale. O meglio, parliamo di tre nuclei famigliari strettamente imparentati: i Pritchett, i Tucker/Pritchett e i Dunphy. 

Modern family, tree, genealogy
La famiglia moderna in tutto il suo splendore
 
Jay Pritchett, burbero e pragmatico, è il capostipite della famiglia ed è reduce dalla fine del matrimonio con la fricchettona Dede, con la quale ha avuto due figli, Claire e Mitchell. Si è risposato con Gloria Delgado, avvenente quanto simpaticissima colombiana che ha avuto Manny da un precedente matrimonio. Manny è un quarantenne intrappolato nel corpo di un bambino tredici anni.

Claire, casalinga severa e con una tendenza a mania di controllo è sposata con Phil Dunphy, il tipico padre che vuol fare l'amicone e si sforza troppo, e costituiscono la tipica famiglia media americana con 2.5 figli arrotondati per eccesso: Haley, tanto carina quanto stupida, Alex, intelligente ma un po' petulante e Luke, ragazzino pestifero ma con tanto cuore. Mitchell, nevrotico, ansioso e un po' snob compone il terzo e ultimo nucleo famigliare, quello meno convenzionale, con il compagno Cameron Tucker, il cui unico aggettivo che mi viene in mente per descriverlo a pieno è il termine inglese "Flamboyant". Hanno adottato una bambina vietnamita Lily. E' proprio il momento dell'adozione che dà il via alla serie.

Modern Family è una serie TV girata con lo stile mockumentary, ovvero pur essendo girata con attori professionisti, lo stile di regia e il tipo di inquadratura simulano un documentario. Di frequente infatti gli attori guardano in camera, oppure vengono ripresi mentre rispondono su un divano alle domande ad un ipotetico intervistatore. Questa tendenza, molto forte nella prima stagione, va un po' attenuandosi nelle stagioni successive. Personalmente a me piace molto, ma all'inizio può risultare un po' straniante.

La serie è indirizzata ad un pubblico molto ampio: ma basta confrontarla con una qualunque fiction-commedia italiana (pensate ai Cesaroni) per capire l'abisso di qualità tra le due serie, nonostante il target di riferimento sia lo stesso. Anche Modern Family non rinuncia alla morale alla fine dell'episodio, al tema ricorrente dell'importanza della famiglia (anche se nella variante liberal di tutte le famiglie possibili). I conflitti vengono sempre risolti entro la fine dell'episodio, all'insegna del volemose bbene. Però le gag sono spassose, i personaggi molto riusciti e va dato atto agli scrittori la capacità di gestire molto bene dieci personaggi in maniera corale e organica.

La forza di Modern Family sta nel riuscire a coniugare molto bene la tradizionale comedy sulla famiglia americana con l'innovazione del mockumentary e l'intreccio tra famiglie non propriamente convenzionali. Il resto lo fanno i personaggi azzeccati, anche grazie ad un'ottima scelta di casting.

Per gli amici di Technorati: Z9R8UEHSUWME

mercoledì 3 ottobre 2012

Hello World! (Ovvero, neanche il primo post è originale)

Mi trovo un po' in imbarazzo a scrivere questo primo post. Probabilmente verrà letto tra qualche giorno. O non verrà letto affatto perchè abbandonerò l'idea di tenere un blog con la stessa velocità con cui ho deciso di schiacciare il bottone "Crea un blog". O forse verrà letto dopo che qualcuno si sarà spiaggiato su questi lidi grazie ad un tag ben piazzato o grazie alla recensione di un libro che, guarda caso, stava pensando di comprare.

Dovrei quindi stupirvi con una prosa spumeggiante, o raccontarvi quale grande visione sta dietro alla scelta di aprire questo blog, di come questo spazio cambierà le regole del gioco della blogosfera?

Niente di tutto ciò. Aprò questo blog per una semplice questione egoistica. Guardando le mie statistiche su Goodreads noto che quest'anno ho letto 52 libri. Senza contare i fumetti.

Ma se mi trovassi diciamo ad un aperitivo e qualcuno mi chiedesse a bruciapelo (cosa rara) "che libri hai letto ultimamente?" non saprei bene cosa rispondere. Non è che leggo distrattamente, ma di primo acchito i libri che leggo non mi rimangono in testa. E questo mi amareggia.

Ho deciso quindi di scrivere per i libri che ho letto (magari non per tutti, magari solo due righe) delle opinioni a caldo in modo da non subire passivamente la lettura, non dimenticare tutto appena voltata l'ultima pagina (o chiuso il file se sono su Kindle). Voglio fare uno sforzo di valutare attivamente quello che ho letto, in modo che mi rimanga qualcosa dentro (e fuori, visto che scrivo in un "luogo" pubblico). Se poi quello che scrivo piacerà ad altre persone che avranno la buona volontà di leggermi e/o addirittura commentare, vorrà dire che la balzana idea di aprire un blog allo sbaraglio (e nel 2012!) non si sarà rivelata una completa perdita di tempo.

Si apre il sipario! (sì, sto usando un template di deafult, col tempo cercherò di rendere il blog un po' più personale, lo giuro!)

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